Sentenze

Qui di seguito si potranno trovare i riferimenti e - in parte - i contenuti di alcuni provvedimenti giudiziali seguiti a procedimenti che hanno visto impegnati taluni dei nostri Professionisti. 

Sentenza n. 996 del 2016 della Commissione Tributaria Regionale di Venezia
Diritto Tributario - Prescrizione delle cartelle di pagamento

Antefatto

Il contribuente, rappresentato dall'avv. Fazzari, aveva impugnato un'intimazione di pagamento notificatagli da Equitalia Nord SPA, inerente una cartella di pagamento divenuta definitiva per mancata impugnazione. La cartella era, a propria volta, fondata su avvisi emessi da un Comune della Bassa Veronese, riguardanti l'omesso pagamento dell'imposta ICIAP. Poiché la cartella era stata notificata in data 14.08.2004, e l'intimazione di pagamento solo in data 25.04.2014, il contribuente lamentava la prescrizione del diritto di credito, per la scadenza del termine decennale per le cartelle di pagamento (se non addirittura quinquennale, secondo la più recente giurisprudenza). In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale di Verona aveva accolto le pretese del concessionario per la riscossione, ritenendo, in applicazione dell'articolo 2946 c.c., che il termine di prescrizione, decennale, decorresse dal momento in cui il ruolo era divenuto definitivo, tenendo conto oltretutto dei sessanta giorni previsti per l'impugnazione. In appello il contribuente argomentava che invero, così sostenendo, il termine decennale previsto da legge sarebbe stato nei fatti allungato, con violazione tra l'altro dei principi previsti dallo Statuto del Contribuente.

Qui di seguito si riporta un estratto dei motivi che hanno portato la Commissione ad accogliere il ricorso:

"L'appello è fondato e merita di essere accolto. Infatti, dall'analisi degli atti e dall'esame della ricostruzione fatta in prime cure, non si può che rilevare l'errore nel quale sono incorsi i giudici in merito al termine iniziale per il decorso della prescrizione poiché, come giustamente evidenziato dal contribuente il dies a quo dal quale far partire la prescrizione, non può che essere il giorno della notifica della cartella esattoriale, vale a dire il 14 agosto del 2004 in quanto, la notifica della cartella, che è da considerarsi un atto consequenziale al precedente avviso di accertamento, è atto meramente esecutivo, svolgente principalmente una funzione di precetto, finalizzato a richiedere il credito vantato dall'amministrazione finanziaria, ormai divenuto definitivo, credito che, essendo un diritto soggettivo, è assoggettato all'ordinario termine di prescrizione dei diritti, se non altrimenti sancito, così come previsto dall'articolo 2946 c.c., la cui decorrenza perciò, non può essere identificata con i1 momento in cui la cartella diventa inoppugnabile poiché, è la notifica della cartella che ha interrotto i termini inerenti a quanto richiesto negli avvisi di accertamento, ed è dalla stessa data di notifica che devono ripartire i termini prescrizionali per ottenere il credito vantato in quanto la prescrizione, decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto valere ed entro e non oltre i 10 anni previsti dall'articolo 2946 c.c.. Da quanto su esposto, è di tutta evidenza quindi, che la notifica dell'intimazione di pagamento, da parte di Equitalia in data 25/9/2014, sia stata fatta tardivamente, essendo trascorsi più di 10 anni dal 14 agosto 2004. Tale tardività ha fatto sì che il comune, per l'errore commesso da Equitalia, non possa più ottenere quanto dovutogli. Alla luce quindi di quanto fin qui esposto, non si può che riformare la sentenza impugnata ed accogliere l'appello del contribuente, ritenendo assorbite tutte le altre eccezioni. Le spese seguono la soccombenza. Rispetto alla richiesta di ristoro inoltrata dal comune, si rileva che tale domanda non può essere inoltrata ai giudice tributario, non rientrando tra le materie a lui affidate ai sensi dell'art. 2 D.Lgs. n. 546 del 1992."

Sentenza n. 2600 del 2017 del Tribunale di Verona
Diritto Civile - Truffa contrattuale in assicurazione sulla vita

Antefatto

L'attore, rappresentato dall'avv. Fazzari, lamentava la responsabilità contrattuale dei convenuti chiedendone la condanna alla restituzione di una ingente somma versata a titolo di premio per una polizza vita, stipulata su dei moduli forniti da un'agenzia di assicurazione, nei suoi stessi locali, e poi pagata con assegno in favore dell'agente che glieli aveva proposti. Alla scadenza della polizza, l'esistenza della stessa gli era stata negata da altro agente che gli riferiva che l'intestatario del versamento non era più alle dipendenze della società. Il convenuto principale contestava la domanda ed eccepiva il concorso di colpa dell'attore.

Qui di seguito un estratto dei motivi che hanno portato il Tribunale ad accogliere la domanda principale:
 

L'attore ha innanzitutto provato documentalmente la stipula di un contratto di assicurazione con ***** attraverso l'agenzia ***** che invero, ha pure sottoscritto il modulo nella persona del preposto indicato nella persona di *****. Dalla polizza si evince che il **** (attore) aveva corrisposto €. 10.025 a titolo di premio consegnando pure un assegno di pari importo poi riscosso presso l'agenzia di **** della ***** 

(….omissis...) Risulta quindi fondata la domanda principale che, qualificati giuridicamente i fatti, va sussunta nella fattispecie della truffa contrattuale rilevante civilisticamente e posta in essere dalla **** dei soci accomandatari *****. Questi, quale agente della ***** (significativamente privo dell'abilitazione professionale) ha chiaramente indotto ***** a stipulare un contratto assicurativo - facendo apparire una realtà diversa da quella effettiva in ordine alla validità del contratto - percependo ed incassando il premo relativo.*****risulta parimenti responsabile, unitamente ai soci accomandatari in considerazione del fatto che il nome della predetta era stato speso contrattualmente ed in considerazione del fatto che la contrattazione è avvenuta nei locali della medesima. Questa ha certamente agevolato e reso possibile l'illecito caratterizzato dalla vendita di un prodotto assicurativo 'fantasma' (Cass. 24 settembre 2015 n. 18860).”

 

 

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